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Rafforziamo i veri punti di riferimento

Le vicende di questi ultimi giorni non possono che lasciarci perplessi. Le tragedie che hanno visto coinvolti operatori del mondo dei trasporti, (In una settimana abbiamo registrato 8 gravi incidenti mortali) hanno suscitato le solite reazioni e commenti di routine. Sono pochi, tuttavia, quelli che hanno cercato di approfondire le vere ragioni all’origine di questa lunga scia di sangue e sono ancor meno quelli che si sono chiesti quali conseguenze di natura sociale potrebbero scaturire se, a fronte di reazioni scomposte di qualche sindacato autonomo che mira al riconoscimento della rappresentanza, attraverso la sottoscrizione di contratti pirata e ad azioni di picchettaggio, non vi sarà una presa di coscienza adeguata dei fatti.

Il malessere, oserei dire la rabbia, per quanto stanno subendo gli operatori del comparto autotrasportistico, incomincia a diffondersi. In questo clima incandescente, le dimostrazioni di scarso interesse sono un detonatore tremendo. A preoccupare è soprattutto l’indifferenza di cui sta dando prova chi dovrebbe istituzionalmente adoperarsi per individuare delle iniziative adeguate. Sarebbe auspicabile che, prima di pensare ad evoluzioni che si completeranno di qui a trent’anni, si affrontassero i problemi odierni, valorizzando il ruolo della rappresentanza reale dei lavoratori e delle imprese. Se le situazioni di disagio si assommano, è facile prevedere esiti incontrollabili e preoccupanti. Le proteste spontanee di questi giorni in Liguria degli autotrasportatori dovrebbero indurre a delle riflessioni in tal senso. È noto che basta una scintilla per accendere un fuoco.

 

Vivere in una condizione ansiogena e di incertezze non va bene!

Se ampliamo lo sguardo, continuiamo a constatare che per quanto riguarda la situazione sanitaria, sebbene i dati forniscano ritorni incoraggianti, le esternazioni di virologi e politici non smettono di trasmettere delle incertezze pericolose. Se la situazione non viene obbligatoriamente messa sotto controllo il rischio di una nuova stagione di limitazioni non sembra precluso. Un conto è il richiamo al senso di responsabilità che è doveroso adottare nei comportamenti, un conto è ipotizzare nuove chiusure. Messaggi di questo tipo aggiungono un ulteriore carico di incertezza alla fase che si innescherà con i possibili licenziamenti e fallimenti di tanti piccoli operatori. Tutto ciò non potrà non toccare la “pancia” degli imprenditori e delle persone e metterà in difficoltà nuclei familiari che invece si attendono certezze di una vera ripartenza. Altro elemento deflagrante.

Ovviamente con questa visione devono essere evitate dichiarazioni che incrementano dei sentimenti di incertezza o che lasciano intravvedere uno scollamento tra le Istituzioni. Occorre ridare fiducia ai cittadini. E questa non si incrementa con una informazione ansiogena. Non si può un giorno affermare che sono in arrivo le dosi vaccinali ed il giorno dopo rappresentare preoccupazioni perché queste si stanno riducendo. Così come è inaccettabile che vi sia chi lancia ipotesi di chiusure ad ottobre. La gente rimane frastornata e non si fa altro che alimentare preoccupazione.

È altrettanto insensato sostenere che il vaccino sia l’unica arma contro la pandemia (come infatti attestano i dati), per poi ipotizzare la ripresa di contagi tra i troppi che non si sono vaccinati per scelta o perché, e questo non è accettabile, manchino i vaccini. Ma vogliamo veramente farci del male?

Il vaccino è l’unica strada per uscire da questa fase di stallo? Si renda obbligatorio per tutti e si finisca con questo tira e molla delle varianti. Ipotizzare possibili nuovi lockdown, anche se limitati ad alcune zone, fa scaturire l’idea che i vaccini siano inutili e questo dubbio è deleterio. Comprendo bene che l’obbligatorietà non sia in linea con i principi costituzionali ma occorre uscire dallo stato perenne dell’ansia. Qualcuno sostiene che il vaccino alla fine diverrà come una specie di droga alla quale ogni tanto si dovrà fare ricorso? È possibile! Ma se non usciamo da questa situazione assurda, il prezzo che sosterremo rischia di essere più elevato e rischiamo di pagarlo in autunno se non si raggiungerà l’immunità di gregge.

 

Rappresentanze inadeguate

Ad incrementare questa fase convulsa si aggiunge la situazione politica. In tempi normali, i rinvii e le diatribe sono sempre state una componente presente e comprensibile. Oggi no! Cosa può pensare la gente, ormai priva di punti di riferimento, se il leader di un movimento (Grillo) sostiene, oggi, che il Presidente del Consiglio, da lui stesso voluto e sostenuto fino a poco tempo fa, è inadeguato, senza capacità manageriali e non in grado di comprendere i processi di innovazione? Eppure, quel Presidente ha gestito lo stato di emergenza per due anni. Ha costretto gli italiani a subire provvedimenti che hanno limitato le libertà e che alcune sentenze definiscono incostituzionali. Abbiamo avuto un capo del governo che ha solo pensato a gestire il potere piazzando amici in posti di responsabilità. (Arcuri, Azzolina, solo per citarne alcuni).  Che avrebbe, si legge sulla stampa, avanzato in sede europea delle proposte di PNRR, giudicate ridicole o insufficienti.

Per fortuna il presidente Draghi ha dato dei chiari segni di cambiamento ma occorre rafforzarli, soprattutto di fronte allo spettacolo ridicolo che viene dai partiti, anche di opposizione. Quale prospettiva offrono ai cittadini? Litigano (lo hanno compreso tutti) solo per la spartizione del potere e non riescono ad individuare i candidati per comunità importanti per il Paese.  È un male comune che sta sempre più delegittimando il ruolo della politica. Basta osservare i dati dell’astensionismo delle recenti elezioni in Francia. Colui che deve amministrare una città deve essere capace di intercettare i bisogni della gente e trovare soluzioni adeguate. Non importa il sesso, il colore della pelle o le tendenze sessuali, l’importante che sia capace.

 

Le ipotesi sul futuro

Concordo che esiste la necessità di immaginare il futuro ed individuare le possibili soluzioni. Questioni di evidente importanza ma che oggi debbono lasciare il passo alla soluzione dei problemi contingenti. Invece di dare dimostrazione di volersi concentrare sui temi generati dalla pandemia, della ripresa economica, dei temi connessi al mondo del lavoro, rafforzare le rappresentanze reali per dare risposte convincenti, i politici si occupano di discriminazioni (e non sempre lo sono) social-politiche che in realtà determinano limitazioni alle convinzioni altrui. Un conto è la battaglia ai comportamenti liberticidi che vanno sempre evitati; un conto utilizzare argomenti sui quali ognuno ha una propria sensibilità. Generare il “pensiero unico” non porta bene. Una dimostrazione viene dalle ridicole pressioni per indurre gli sportivi ad inginocchiarsi per chiedere scusa per atti discriminatori compiuti da altri. Certo che si deve essere in modo netto contro ogni forma di discriminazione razziale, sessuale e delle idee. Ma le pagliacciate e le strumentalizzazioni sviliscono anche le battaglie più giuste. Rispetto tutti! Combatto le discriminazioni ma rifiuto i tentativi di chi mi vuole imporre di chiedere scusa per colpe che non sono a me imputabili.

Mi pare che stia montando una deriva che aumenterà la sfiducia nella rappresentanza sia della politica che   delle rappresentanze in generale. Pur con la dovuta attenzione alle prospettive che si apriranno in un orizzonte temporale di medio e lungo termine, oggi è impellente affrontare i problemi che toccano gli interessi diretti e immediati di imprese e cittadini. Non lamentiamoci delle reazioni che potrebbero generarsi se non si assume la consapevolezza di una evidente perdita di credibilità.

Paolo Uggè.