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Uggè "Il primo soggetto che ha la grande responsabilità di intervenire è la politica"

Purtroppo ho più volte paventato il rischio delle conseguenze che la pandemia avrebbe generato sia nelle evoluzioni sociali che economiche nel prossimo autunno. Spero ancora di essere smentito dai fatti.

Il triangolo, non quello di Renato Zero né quello del benessere evocato più volte da un noto leader politico, è semplice. Ripresa dei consumi, più produzione, più trasporti, uguale maggior benessere. Questa regola è la chiave di volta.

Gli ultimi dati Istat sulla povertà attestano che nel 2020 la povertà assoluta delle famiglie è arrivata a più di due milioni, passando dal 6,4% al 7,7% e quasi sei milioni di individui, dal 7,6% al 9,4% sono entrati nella condizione di povertà drammatica. Infine, da non sottovalutare, 2,6 milioni di famiglie sono alla soglia della povertà relativa.

 

Se il Governo non riuscirà ad invertire la rotta, nel prossimo autunno vivremo, dunque, quella situazione di pesante difficoltà che avevo ipotizzato.

Nessuno è esente dal ricercare le misure idonee ad invertire la tendenza. Il primo soggetto che ha la grande responsabilità di intervenire è la politica, nel suo insieme, ed in particolar modo l’Esecutivo (senza tuttavia  dimenticare su chi ricade principalmente la responsabilità della situazione determinatasi). Guai a scordare i balletti di alcuni inetti che si sono permessi di fare sul balcone di Palazzo Chigi, inneggiando alla sconfitta della povertà. Se qualcuno si lasciasse prendere dallo sconforto e rinunciasse non solo a ricordare, ma a cercare di operare al fine di mutare le situazioni, sarebbe un evidente irresponsabile. Bisogna contrapporsi per forza con intelligente fermezza. Se qualcuno volesse approfondire il periodo che stiamo attraversando per meglio comprendere che oggi viviamo la ripetizione di quanto già avvenuto nella storia del mondo, consiglierei di leggere Il “Tallone di ferro” di Jack London oppure “Orwell 1984”. Ho già fornito questa indicazione ma la ripropongo volentieri.

Il grande Alberto Sordi, nel film “il Borgorosso football club", lanciava questo simpatico incitamento “chi si estranea dalla lotta è un gran figlio de na’ mignotta”. Non mi permetto ovviamente di emularlo ma vorrei che risultasse evidente che se non si reagirà  ci troveremo con lo stato di crisi ancora prorogato e con la concentrazione in pochi finanzieri del potere di decidere per nostro conto. Ecco perché occorre l’impegno serio di tutti a non demordere.

Tocca ad ognuno alle singole persone, alle imprese ma soprattutto alle loro rappresentanze, ma in modo particolare al Governo ed alle forze politiche, avere come obiettivo impedire il raggiungimento di un accentramento oligarchico dei poteri che porterebbe in prospettiva a determinare difficoltà pesanti.

Quando mi permetto di sottolineare che con gli annunci si alimentano solo illusioni lo faccio non per voler criticare a prescindere ma per stimolare la necessità di non ricorrere a delle ipotetiche evoluzioni che non danno risposte immediate ma disegnano solo possibili cambiamenti futuri, necessari sicuramente, ma senza scordare che il Paese ha la necessità di ripartire in fretta. Per questo mi permetto di criticare  tutte quelle discussioni su temi come lo Jus soli o sull’incredibile proposta di presentare un disegno di legge per mutare il titolo di “ministro, in ministra” , se di genere femminile. Sempre per questo critico gli annunci su nuovi investimenti relativi alle infrastrutture, senza far partire quello che potrebbe avviarsi rapidamente. Un dato per tutti: dal 2002 al 2014 la media annuale di spesa nel comparto delle infrastrutture è stata pari a 8 miliardi anno. Dal 2015 al 2020 il valore medio annuale è stato di due miliardi.  Lo dico perché le garanzie su una disponibilità di 360 milioni per la sostituzione delle motrici e di oltre a 3,3 MLd da destinare alle interconnessioni ai porti ed alla logistica date per certe sono rimaste inevase, come altre peraltro. Inoltre mi domando l’utilità di insediare una apposita commissione per produrre un nuovo Regolamento sugli appalti. Doveva essere pubblicato alla fine del 2021, in ritardo di due anni circa su quanto previsto dal decreto sblocca cantieri, ma che oggi non sarà neppure preso in considerazione. Questi comportamenti, frutto solo di una cultura burocratica e della capacità di generare aspettative future, è il comportamento che forse ha contribuito a far scomparire 120mila imprese nel settore delle costruzioni e 600 mila posti di lavoro.

Oggi invece occorre ripartire dalle opere già pronte; rafforzare il rispetto delle regole ma non attraverso Authorities che costano e mirano ad intervenire su settori, oltretutto non di loro competenza. Neppure favorendo realtà inesistenti nella rappresentanza di interessi, come pare stia avvenendo nella ricostituzione dell’Albo dell’autotrasporto.

 

Chi è realmente rappresentativo va preservato.

Chi opera in realtà che mirano a gestire piccoli operatori ai quali, come dimostrano i fatti di questi giorni pare non sempre si applichino condizioni dignitose tanto che si assistono a manifestazioni di protesta che talvolta, fanno anche registrare vittime, occorre intervenire in aggiunta alla guardia di finanza e magistratura come Ministero competente. Queste pseudo autoreferenziali rappresentanze non devono trovare sponde da chi rappresenta il ministero che nei confronti di tutti, ripeto il concetto, deve applicare le regole vigenti. Talvolta queste forme aggregative si utilizzano per meglio aggirare le regole e favorire così episodi di concorrenza sleale.

Credo che ognuno debba assumere la consapevolezza di quanto potrebbe succedere e spero che vi siano i comportamenti adeguati da parte di coloro che sostengono di voler garantire i principi di libertà e di quella democrazia partecipativa per la quale tanti italiani si sono spesi.