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3 temi su cui porre l'attenzione: transizione ecologica, mancanza di autisti, libertà di circolazione

Un interessante spunto di riflessione di Paolo Uggè

I temi della transizione ecologica, della mancanza di conducenti e dei limiti alla libertà di circolazione imposti pretestuosamente da alcuni Stati membri dell’UE (primo fra tutti l’Austria) senza alcun dubbio assumeranno una rilevanza fondamentale nel prossimo futuro.

La transizione ecologica, ne abbiamo parlato diverse volte, è imperniata sulla tesi secondo cui le emissioni imputabili ai trasporti sarebbero una delle cause primarie dei cambiamenti climatici.

Spiace che si affronti un tema così delicato, più che con la voglia di comprendere le ragioni ed individuare le possibili soluzioni, con l’uso di una retorica demagogica volta unicamente ad individuare un facile capro espiatorio - in questo caso le attività di trasporto, soprattutto quello pesante.

Tanto per cominciare, è ancora da dimostrare, non che non siamo in presenza di cambiamenti climatici, ma che questi in modo certo siano da attribuire nella gran parte al sistema dei trasporti. Strano, inoltre, che sul banco degli imputati vi siano sempre e solo i trasporti che hanno luogo sul continente europeo. Ciò che avviene nei Paesi asiatici, in Africa o negli Stati Uniti non sembra venir mai preso in considerazione. 

Eppure, anche i più accaniti ambientalisti riconoscono che solo l’8% delle emissioni di CO2 sono imputabili all’Unione Europea. Su questa percentuale, il sistema del trasporto pesante italiano incide per il 5%.

Mentre crocifiggiamo le imprese di trasporto, leggiamo che uno dei maggiori magnati mondiali circola per i nostri mari con un natante che emette, in un anno, 11 mila ton di CO2 (l’equivalente di 5 mila autovetture Panda), che si assommano alle tonnellate di gas climalteranti che un altro illustre personaggio ha immesso nell’atmosfera effettuando un viaggio nello spazio per suo puro diletto.

Ma anche questo sembra non destare preoccupazione nei difensori dell’ambiente. Tutte le loro attenzioni sono invece dirette a colpire i “Tir inquinatori del pianeta” o le navi che non abbiano compiti di pubblico servizio. Così i porti del nord Africa riceveranno le grandi navi provenienti dal far Est che entrano nel Mediterraneo. Non capisco quale sia il vantaggio per la nostra economia, né tantomeno quello per l’ambiente - visto che le emissioni non sarebbero ridotte, ma solo “delocalizzate”. Il risultato, in compenso, dovrebbe saltare agli occhi a tutti: meno competitività per il Paese e maggiori costi per cittadini e imprese.

Il secondo tema, quello della carenza di autisti, sta assumendo livelli preoccupanti. I conducenti hanno ormai un’età media avanzata e per il prossimo futuro si ipotizza che gli automezzi pesanti resteranno fermi nei piazzali o forse, se riuscirà la magia, saranno a conduzione autonoma. I tentativi per invogliare i giovani ad intraprendere quella che in passato era una professione “ricercata”, oggi non sembrano più funzionare.

Le iniziative episodiche rischiano di creare turbative, è pertanto opportuno che questo tema venga affrontato rapidamente con le organizzazioni dei lavoratori e coinvolgendo anche il Governo. Infine, vi sono i divieti alla circolazione introdotti sia a livello europeo che nazionale, che determinano costi aggiuntivi, episodi di congestione del traffico e perdita di competitività.

Chi non riflette può immaginare che generare sempre maggiori ostacoli alla circolazione sia la chiave per eliminare gli automezzi pesanti dalle strade. Quello che i visionari della transizione faticano a comprendere, è che la gomma è destinata ad essere ancora per diversi anni la modalità prevalente di trasporto per la semplice e ottima ragione che è il sistema produttivo a richiederlo.

Questa confusione facilita il lavoro all’Austria e ai tanti amministratori locali che proseguono nella loro scelta di ostacolare la circolazione dei mezzi pesanti, adducendo pretesti ecologici che nascondono più solide motivazioni economiche. I comuni fanno cassa con sanzioni ridicole che non riguardano infrazioni legate alla circolazione in ambito comunale.

Nei prossimi mesi, la percorrenza lungo il corridoio del Brennero sarà ancor più limitata per interventi sulla linea ferroviaria. Nulla quaestio sulla necessità della manutenzione, ma questo causerà un contingentamento dei mezzi pesanti su quella tratta. A questo si aggiunga che, nello stesso periodo, anche in Germania saranno effettuati interventi sulle linee ferroviarie che dureranno diversi mesi. Anche in questo caso nulla da dire sui lavori in sé, ma sicuramente questo renderà problematici i collegamenti per il trasferimento delle merci in una vasta zona del nord est europeo.

È vero che anche il sistema produttivo tedesco ha la necessità di garantire delle consegne, ma senza ombra di dubbio l’economia che soffre di più è quella italiana. Un coordinamento, in circostanze come queste, non sarebbe forse necessario? Certamente l’ambiente deve essere salvaguardato e Conftrasporto lo sostiene con forza; gli interventi di manutenzione si devono realizzare, anche per ragioni di sicurezza; il tema della carenza degli autisti è da affrontare a livello di governo e con i rappresentanti dei lavoratori, ma se non definiamo una strategia complessiva su come affrontare questi tre aspetti, il tempo li trasformerà in macigni e quello che è peggio, coinvolgerà la categoria nel suo insieme.

Bene immaginare il futuro, bene elaborare piani e progetti di ampio respiro, purché ciò non sia solo propedeutico ad un ritorno di immagine. Quando si parla di Piano della logistica, ad esempio, si tenga ben presente che esso richiede non meno di 18/24 mesi per trovare piena attuazione. E questo nell’auspicata ipotesi che non si mettano di traverso le sentenze dei tribunali amministrativi, che hanno già ostacolato la realizzazione di alcune delle opere previste dal PNRR.

È successo recentemente in Puglia e c’è da sperare che non sarà così per l’annunciato Piano della Logistica, che vedrà coinvolte diverse realtà. Proprio nella mattinata di ieri è stato avviato il confronto con gli stakeholders del settore per la stesura del Piano. I lavori hanno visto il coinvolgimento - in assenza del Ministro – di esperti, operatori e rappresentanti di categoria, impegnati a dibattere su vari temi legati al trasporto, alla logistica e al turismo.

A questo proposito, non può che lasciarci costernati il fatto che FAI Confcommercio, la realtà più rappresentativa nel settore turistico, non sia stata invitata a partecipare ai tavoli. Una leggerezza che ha deprivato il contraddittorio di un contributo dirimente e che ci auguriamo non si ripeta.

Paolo Uggè